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Viaggio nel mondo del rapporto allenatori-figli-genitori – II parte

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Continuiamo il nostro viaggio nel mondo delle relazioni incrociate tra società sportive (dirigenti e allenatori) e famiglie (genitori ed figli) con un esempio che, questa volta ci viene dal calcio.
Chi scrive è il presidente della Società Dolo Dolphins. Buona lettura.

La lettera dell’allenatore ai genitori dei ragazzi delusi

La lettera di Daniele Paolin, presidente ASD Dolo Dolphins, indirizzata ai genitori dei propri piccoli atleti. Una lettera che incarna molti dei veri valori del calcio dilettantistico, che BalooCalcio promuove da sempre

“Ricevo telefonate serali di genitori che lamentano l’arrivo a casa di ragazzi frustrati da frasi di allenatori che rimproverano loro o lo scarso impegno in allenamento, o un comportamento non confacente, o le numerose assenze o l’esclusione dalle partite, a fronte di un impegno economico (leggasi quote di iscrizione) notevole…

Vorrei quindi sgombrare il campo da una serie di luoghi comuni, di fraintendimenti o malintesi e chiarire una volta per tutte una serie di questioni basilari.

 Parliamo di frequenza agli allenamenti:

lo sport agonistico (dopo i 12 anni) comincia ad essere una “disciplina” sportiva e come tutte le discipline richiede uno sforzo e qualche rinuncia (sempre che sia una “passione”…naturalmente! e non un “passatempo”); inutile e superfluo mi sembra sia il ricordare che è uno sport “di squadra”, “di gruppo” ed è alla squadra ed al gruppo che si aderisce e si fa riferimento; d’altronde molti ragazzi lo fanno quasi unicamente per continuare a far parte del gruppo (MA QUALCHE GENITORE NON SE NE RENDE CONTO)…Contrariamente agli sport individuali, l’allenamento degli sport di gruppo, per essere adeguato e per servire allo scopo agonistico (a prescindere dalle proprie abilità ed ai risultati…), richiede una certa regolarità di frequenza, altrimenti a che serve? Un allenatore, per allenare ed abituare a questa disciplina ha bisogno ovviamente di 10 persone (due squadre che “simulino” un 5 contro 5); se quasi costantemente ne ha 7 o 8 o 9 come può allenare una “squadra” un “gruppo”? Quando manca un elemento su cinque la squadra si può allenare percentualmente all’80% (ammesso che quelli che ci sono diano ognuno il 20%…ma sappiamo che spesso non è così, ma è normale…), gli spazi sono più larghi e ci si abitua ad un gioco che non è quello agonistico… Quindi ogni assenza agli allenamenti non riguarda soltanto chi manca, ma danneggia seriamente anche chi c’è… e si impegna! Questo quasi sempre non viene affatto valutato. La “disciplina” è anche rispetto verso l’allenatore ed il gruppo! Quando si manca ad un certo numero di allenamenti, si perdono una serie di nozioni e di movimenti “di squadra” che gli altri hanno imparato faticosamente attraverso ripetizioni ed errori: quando l’assente ritorna, l’allenatore deve forse fermare il lavoro di tutti per spiegare a chi è stato assente quello che si è fatto quando non c’era? Oppure deve prendere il ragazzo e metterlo da parte anche in allenamento (dato che ci sono genitori che si lamentano dell’esclusione anche dalla partita)? Si vede quindi come ogni assenza “pesi” su tutti e sul rendimento di tutti.

Parliamo di motivazioni e di studio:

mi rifiuto fermamente di credere che un ragazzo, per quanto sia impegnativa la sua scuola, non trovi il tempo di fare per due o tre volte la settimana un’ora e mezza di allenamento! Mi rifiuto di credere che, per andare bene a scuola, si debba rinunciare allo sport che, ai nostri livelli soprattutto, richiede veramente dei minimi quantitativi di tempo. Mi si vuol far credere che un ragazzo non trova il tempo in un pomeriggio, fino a sera, di giocare (minimo almeno un’oretta…) ai videogiochi o (minimo un’altra oretta) di guardare la tv, o di “chattare” (minimo un’altra oretta) in Internet? Credo sia educativo il fatto che, sempre ammesso che uno sport piaccia (altrimenti se ne fa a meno), si debba fare qualche rinuncia pur di correre e giocare in allenamento in uno sport che si ama (e che è altrettanto divertente che in partita)… Questo per rispondere a chi mi ha detto: “Meglio sapere prima se mio figlio gioca o meno in partita a fine settimana, così il tempo degli allenamenti lo usa per studiare”. Ma che significa, che nesso c’è fra sport e studio? L’uno completa l’altro, l’uno è complementare all’altro: l’uno non può escludere l’altro, fin dai tempi dei latini (il famoso mens sana in corpore sano…). (…) nell’agonismo (e questa è anche una parte educativa, anche se non sembra) gioca chi si impegna e rende di più: per gli altri (chi gioca meno) lo stimolo dev’essere ad impegnarsi a fare di più e meglio, non certo a “mollare”; anziché allenarsi meno, si dovrebbe imparare ad allenarsi di più e meglio, esattamente come succede nello studio e in tutte le “discipline”, da quelle scolastiche a quelle artistiche a quelle sportive, a quelle culturali a quelle amatoriali…
Questo è l’insegnamento che può venire dallo sport: la perseveranza, l’impegno, il raggiungimento di un obbiettivo, anche difficile, anche se sembra impossibile, cercando di perseguirlo con ogni sforzo di miglioramento
. Che stimolo ci può mai essere nella sicurezza comunque di fare qualche minuto in partita, a prescindere dalla qualità dell’apporto che si può dare alla causa, al gruppo, al risultato? Nessuno!
E poi ad una certa età (mi si perdoni la durezza) i rapporti con il gruppo, e con l’allenatore e con la società vanno tenuti personalmente, non sempre coll’aiuto del papà che telefona o scrive o dalla mamma che fa lo stesso, soltanto conseguenza di un “piagnucolio” infantile…! E’ anche così che si cresce e soprattutto si impara a crescere: con una buona dose di autonomia, almeno in queste cose ed in questo tipo di ambiente…!

 Parliamo di società:

solita frase: “E’ la società che deve… è la società che si è impegnata… è la società che ha il compito di…”; a parte il fatto che non è, la nostra, una “società”, bensì un’”associazione”: associare (è meglio ricordare…!) significa “mettere insieme”; sul termine “insieme” dovremmo riflettere a lungo… Le poche persone che dedicano molto del loro tempo (e danaro…) all’associazione avendo quasi esclusivamente grattacapi quotidiani con giocatori, allenatori, genitori, istituzioni, federazioni, si sforzano comunque di tenere in piedi ed insieme TUTTI i gruppi, a qualsiasi costo e nonostante tutto (comprese le critiche più dure), proprio con lo scopo di far giocare TUTTI il più possibile ed il più a lungo possibile: in molti casi, in questi cinque anni, abbiamo avuto (ed abbiamo anche attualmente) molte difficoltà numeriche nella formazione delle squadre.
Ci sforziamo, e ci siamo adoperati in passato, per far continuare a giocare gruppi di cinque, sei, sette, atleti, anche se difficile trovare un allenatore disposto ad allenare (male, quindi, come abbiamo visto all’inizio) un gruppo così piccolo, anche se economicamente si era in perdita, anche se c’erano scarsi risultati sportivi, ma quello che ci è sempre interessato è che i ragazzi continuassero a giocare comunque.

 Parliamo di soldi:

sento, ogni tanto ed alla fine di qualche discorso, mettere in campo “i soldi che si pagano” (riferito all’iscrizione); se si frequentano le assemblee dei soci, dai libri contabili esposti (e consultabili da tutti, in qualsiasi momento) si capisce come le quote degli associati rappresentino l’esatto 50% della copertura delle spese di gestione dell’associazione.
Questo significa che, a fronte di qualche piccolo, irrisorio aumento e dello sforzo costante di mantenere il più possibile contenute le cifre, un manipolo di volontari (leggasi Direttivo) si sforza ogni anno di reperire l’altro 50% con diverse forme di autofinanziamento e sponsorizzazioni: ciò significa che questo “manipolo” di persone contribuisce a “pagare” l’altra metà di spese per ogni singolo ragazzo, purchè abbia la possibilità di allenarsi e giocare…

Bisogna dire inoltre che la stragrande maggioranza dei ragazzi della nostra associazione partecipa all’attività sportiva per divertirsi e stare assieme con i loro coetanei in un ambiente sano come quello dello sport. Possono giocare poco o tanto, essere dei campioncini o meno, vincere o perdere la partita, ma poi sono tutti amici in pizzeria o davanti ad un film. E per i genitori di questa stragrande maggioranza c’è la sicurezza di sentirli in un posto sicuro, lontani da certe sirene di cui si legge nei giornali. E’ la consapevolezza ed il riconoscimento da parte della stragrande maggioranza dei soci di questo ruolo di garanzia che ripaga il “manipolo” che si impegna nell’associazione, sentendo critiche o accettando i più utili suggerimenti”.

Daniele Paolin
presidente ASD Dolo Dolphins

Riferimento: http://www.baloocalcio.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=1554%3Alettera&Itemid=14